Paolo Pipere
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Una “probatio diabolica” per ottenere la riduzione della Tassa Rifiuti?

    Un’interpretazione della delibera 15/2022 di ARERA, sicuramente non in linea con gli intenti perseguiti dall’Autorità, rischia di compromettere la possibilità di ottenere la riduzione della componente variabile della tassa nel caso di autonomo avvio al recupero dei rifiuti urbani delle utenze non domestiche.

    di Paolo Pipere, Consulente giuridico ambientale

    La legge 147/2013, istitutiva della Tassa Rifiuti (TARI), dispone che i Comuni debbano prevedere riduzioni della componente variabile della tassa nel caso in cui le utenze non domestiche - imprese, enti e liberi professionisti – avviino al recupero, con operatori autorizzati diversi dal gestore del servizio pubblico di raccolta, una parte dei propri rifiuti urbani.
    Deve essere ricordato, infatti, che dal 1° gennaio 2021, per effetto delle modifiche apportate alla Parte quarta del D.Lgs. 152/2006, le attività economiche possono produrre rifiuti originariamente classificati come urbani.
    In particolare, la legge istitutiva della TARI, nella formulazione oggi pienamente vigente, dispone che:

    «Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani (1), nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo (2), direttamente o tramite soggetti autorizzati» (art. 1, comma 649, II capoverso).

    In tutti i Comuni che non sono passati alla tariffa puntuale o corrispettiva il calcolo della riduzione deve essere effettuato assumendo come base di calcolo la quantità di rifiuti urbani che si presume sia stata prodotta per ogni metro quadrato di superficie imponibile da ogni categoria di utenza non domestica. Infatti, ai sensi dell’articolo 6 del DPR 158/99:

    «Gli enti locali non ancora organizzati (3) applicano un sistema presuntivo, prendendo a riferimento per singola tipologia di attività la produzione annua per mq ritenuta congrua nell'ambito degli intervalli indicati nel punto 4.4 dell'allegato 1».

    Nei regolamenti comunali conformi alle disposizioni di legge il calcolo è, pertanto, eseguito con il seguente metodo:
      

    intendendo per Qdich la quantità di rifiuti avviata al riciclo, per K (S, ap) il coefficiente Kd di produttività specifica per metro quadrato adottato e per S la superficie operativa assoggettabile al tributo.

    È quindi del tutto evidente che nel calcolo della riduzione della tariffa si deve considerare l’incidenza della quantità di rifiuti che il contribuente dimostra di aver avviato autonomamente al recupero sulla quantità di rifiuti urbani che si presume quell’attività economica abbia generato, non essendo in alcun modo rilevante, ai fini del calcolo, la quantità di rifiuti urbani effettivamente prodotta dall’utenza non domestica.

    Rifiuti urbani complessivamente prodotti
    In questo contesto si inserisce la Deliberazione ARERA 18 gennaio 2022 15/2022/R/RIF in materia di “regolazione della qualità del servizio di gestione dei rifiuti urbani”. L’articolo 3 della delibera definisce la procedura per la dimostrazione dell’avvenuto avvio al recupero dei rifiuti urbani conferiti al di fuori del servizio pubblico di raccolta, richiedendo, tra l’altro: «i dati sui quantitativi di rifiuti complessivamente prodotti, suddivisi per frazione merceologica».

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    Articolo 3 - Procedura per la dimostrazione dell’avvenuto avvio a recupero dei rifiuti urbani conferiti al di fuori del servizio pubblico di raccolta da parte delle utenze non domestiche

    3.1 Le utenze non domestiche che conferiscono in tutto o in parte i propri rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico presentano entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai fini della esenzione ovvero della riduzione della componente tariffaria rapportata ai rifiuti conferiti al servizio pubblico, al gestore dell’attività di gestione tariffe e rapporto con gli utenti idonea documentazione attestante le quantità di rifiuti effettivamente avviate a recupero o a riciclo nell’anno solare precedente. È fatta salva la facoltà per l’Ente territorialmente competente di prevedere una frequenza maggiore di invio della documentazione.
    3.2 La documentazione attestante le quantità di rifiuti effettivamente avviate a recupero o a riciclo nell’anno solare precedente deve essere presentata esclusivamente a mezzo di posta elettronica certificata o di altro strumento telematico in grado di assicurare, la certezza e la verificabilità dell’avvenuto scambio di dati, e deve contenere almeno le seguenti informazioni: […]
    d) i dati sui quantitativi di rifiuti complessivamente prodotti, suddivisi per frazione merceologica;
    e) i dati sui quantitativi di rifiuti, suddivisi per frazione merceologica, effettivamente avviati a recupero o riciclo al di fuori del servizio pubblico con riferimento all’anno precedente, quali risultanti dalla/e attestazione/i rilasciata/e dal/i soggetto/i che effettua/no l’attività di recupero o riciclo dei rifiuti stessi che devono essere allegate alla documentazione presentata;
    f) i dati identificativi dell’impianto/degli impianti di recupero o riciclo cui sono stati conferiti tali rifiuti (denominazione o ragione sociale, partita IVA o codice fiscale, localizzazione, attività svolta).
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    Pur senza considerare la ridondanza dei dati che devono essere forniti, è evidente come ogni attestazione rilasciata da un impianto di recupero contenga già necessariamente i “dati identificativi dell’impianto”, balza all’occhio la richiesta, in nessun modo rilevante al fine del riconoscimento del diritto alla riduzione dell’ammontare della componente variabile della tassa e del calcolo della stessa, dei dati relativi ai rifiuti urbani “complessivamente prodotti”.

    Una prova diabolica
    In primo luogo, è indispensabile considerare che, in assenza di un sistema di misurazione puntuale della quantità dei rifiuti urbani conferiti al gestore del servizio pubblico di raccolta, non v’è alcuna norma che abbia introdotto per le utenze non domestiche l’obbligo di pesare i rifiuti urbani prodotti.
    In secondo luogo, è necessario ricordare che le norme in materia di rifiuti non prevedono alcun obbligo di emissione del formulario identificativo del rifiuto sia nel caso in cui i rifiuti urbani vengano raccolti dal gestore presso l’utenza non domestica sia nel caso in cui il regolamento comunale imponga di conferirli a un centro di raccolta comunale e il produttore si doti dell’indispensabile iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali del veicolo aziendale.
    Nel contesto sinteticamente delineato, pertanto, l’introduzione dell’obbligo di fornire i dati sui relativi ai rifiuti urbani complessivamente prodotti in un regolamento comunale per la disciplina della TARI si rivela per il contribuente come una “probatio diabolica”. All’utenza non domestica viene chiesto di fare l’impossibile. Non è sufficiente dimostrare documentalmente di aver autonomamente avviato al recupero una determinata quantità di rifiuti, dato necessario per parametrare la riduzione alla presunzione di produzione di rifiuti di quella categoria di attività economica, ma è indispensabile, per evitare il diniego della riduzione, dichiarare sotto la propria responsabilità civile e penale il peso dei rifiuti urbani complessivamente prodotti. Peso che né si è tenuti a rilevare né, se rilevato, è possibile provare con il documento (il formulario) normativamente prescritto per dimostrare la corretta gestione dei rifiuti.

    Revisione della delibera ARERA
    Tutto ciò nel quadro, assolutamente condivisibile, dell’introduzione, come spiega ARERA:

    “di una procedura omogenea a livello nazionale per la disciplina dei tempi di trasmissione, da parte delle utenze non domestiche che gestiscono i propri rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico, della documentazione attestante l’effettivo avvio a recupero/riciclo ai fini del riconoscimento della riduzione della componente tariffaria rapportata ai rifiuti conferiti al servizio pubblico, in quanto rilevanti ai fini del perseguimento dei risultati ambientali di riciclo”.

    È indispensabile, perciò, una tempestiva modifica dell’articolo 3 della delibera ARERA allo scopo di evitare che sia illegittimamente negata la riduzione della componente variabile della tassa per l’autonomo avvio al recupero di parte dei rifiuti urbani, riduzione che il Comune è tenuto a riconoscere per effetto delle inderogabili prescrizioni contenute nella legge istitutiva della TARI.


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    NOTE
    1. Il riferimento ai rifiuti speciali assimilabili agli urbani è oggi relativo ai rifiuti urbani prodotti dalle utenze non domestiche.
    2. Il Ministero della transizione ecologica, con nota del 12 aprile 2021 ha precisato che: «[…] la riduzione della quota variabile prevista dal comma 649 [art. 1, Legge 147/2013] deve essere riferita a qualunque processo di recupero, ricomprendendo anche il riciclo – operazione di cui all’allegato C della Parte quarta del TUA - al quale i rifiuti sono avviati. L’attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di avvio a recupero dei rifiuti è pertanto sufficiente ad ottenere la riduzione della quota variabile della TARI in rapporto alla quantità di detti rifiuti, a prescindere dalla quantità degli scarti prodotti nel processo di recupero».
    3. E che non si siano organizzati in ventiquattro anni è difficilmente spiegabile.


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